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Intervista esclusiva - Marco Negri e il Grifo: Un legame indissolubile tra passato e futuro

Ospite in diretta streaming della trasmissione La casa del Grifone lo scorso martedì, curata dalla nostra redazione L'Artiglio del Grifo, il bomber di tutti i tempi del Perugia, Marco Negri, ex grifone delle stagioni 1995-1997 e 2004-2005, ha discusso della situazione attuale della squadra e della nuova proprietà, non prima di aver ripercorso i suoi significativi trascorsi con la maglia del Grifo. Sono intervenuti anche Daniel Mosca di Quelli del Santa Giuliana e Francesco Morganti, un fedele sostenitore della Curva Nord, originario di Perugia. La trasmissione è stata condotta dalla bravissima Chiara, insieme al nostro collaboratore Daniele e al nostro 'boss' Federico.


Di seguito, riportiamo la piacevole intervista con Marco Negri.


Marco Negri da bambino, che tipo di calciatore si immaginava diventare? Quello che poi è stato, un professionista?

Da bambino sono cresciuto sull’asfalto di un condominio, dove si faceva di tutto. Giocavamo a basket, a tennis, ma ovviamente il calcio era quello che ci veniva meglio. Giocavamo partite due contro due o tre contro tre, usando come porte una tuta messa per terra. Io sono nato nel 1970, e nell'82, quando avevo 12 anni, ho vissuto da ragazzino l’avventura degli azzurri al Mondiale in Spagna. Una vittoria che ha fatto sognare tutta Italia, battendo squadre come il Brasile e l’Argentina. Dopo ogni partita, correvamo giù per l’asfalto a giocare simulando di essere Tardelli, Paolo Rossi, Antonioni… Sognavamo tutti di essere parte di quella nazionale che faceva sognare milioni di bambini.

Come sei arrivato a giocare nelle squadre professionistiche e qual è stato il tuo primo grande passo verso il calcio professionistico?

Dopo le partite nei cortili, mi sono iscritto alla squadra del mio paese, a Monfalcone, in provincia di Gorizia, nel Friuli Venezia Giulia. Le squadre professionistiche della nostra regione erano la Triestina e l'Udinese, e tanti ragazzini venivano selezionati per fare i provini. Nel mio secondo anno, l’Udinese mi ha chiamato. In quegli anni, l'Udinese era una squadra di Serie A molto forte, con grandi giocatori come Zico, e in quella squadra ho visto da vicino cosa significasse giocare a livello professionistico. Fu lì che il mio sogno, che avevo nel cortile, cominciò a diventare realtà.

Qual è stata la tua esperienza nel settore giovanile dell'Udinese e come ti sei avvicinato al calcio professionistico?

Nel settore giovanile dell'Udinese ho passato anni duri ma entusiasmanti. Si passava dalle giovanili agli Allievi, poi alla Primavera, e piano piano si scalavano le categorie. Durante questi anni, ho capito che realizzare il sogno di diventare professionista era una questione di talento, impegno, e anche un po' di fortuna. Ci vogliono tantissimi aspetti: il talento, la voglia di fare, il supporto della famiglia, e anche trovare i compagni giusti e gli allenatori giusti. E soprattutto, ci vuole la condizione fisica giusta e nessun infortunio importante.

Ricordi il momento in cui sei riuscito a esordire con la prima squadra dell'Udinese?

Sì, mi ricordo il mio primo ritiro con la prima squadra, quando avevo 17 anni. Durante quel ritiro, mi sono trovato in ottima forma, tanto che sono riuscito a attirare l'attenzione di Nedo Sonetti, l'allenatore. Da lì, sono riuscito a fare il mio esordio in Coppa Italia e a giocare alcune partite in Serie B. È stato il momento che mi ha fatto capire che ero vicino al mio sogno. Da lì in poi, il mio obiettivo era continuare a vivere quelle emozioni ogni volta che scendevo in campo.

Come ricordi la tua esperienza con il presidente Gaucci, e qualche aneddoto su di lui?

Il presidente Gaucci era una figura unica, un grande tifoso e un conoscitore di calcio. Aveva un fiuto incredibile per il talento. Ricordo che quando arrivai, ero fuori forma e facevo fatica a rendere al massimo. Il presidente, che aveva investito tanto su di me, non ci andava troppo per il sottile. Mi fece una battuta davanti a tutti dicendo che mi aveva comprato per fare la differenza, ma non per gli avversari! Ma, sai, era una cosa che mi spronava a dare di più, a non mollare. Gaucci era un personaggio che sapeva stimolare i giocatori, a volte pungendoli, ma sempre con l’obiettivo di tirar fuori il meglio da ognuno di noi.

Come è stato il tuo passaggio al Perugia e cosa ti ha spinto a scegliere questa squadra?

Quando arrivai a Perugia, ero ancora giovane e pieno di sogni. Ricordo che il Perugia mi ha voluto fortemente, e mi ha fatto una corte insistente. Anche se c'era interesse da parte dell'Atalanta, la possibilità di venire al Perugia, di aiutare la squadra a tornare in Serie A, era una grande sfida. Mi dava tantissimo stimolo. Quando sono arrivato, però, non ero in forma e ho dovuto affrontare qualche difficoltà iniziale. Ma il presidente Gaucci aveva grandi aspettative, e sebbene all'inizio fossi un po' più un 'dodicesimo uomo', quella battuta del presidente mi stimolò a migliorare e a dare il massimo.

Che effetto hai fatto vedere la serie di Sky Crime su Luciano Gaucci?

È davvero interessante. La cosa che mi ha veramente riaperto il cuore è stata vedere quelle immagini, vedere la città festeggiare quella Serie A a cui ho partecipato. Ho visto venticinquemila, ventisettimila persone in uno stadio, sventolare tutte quelle bandiere. È stato un momento davvero speciale.

Con chi condividevi la tua stanza durante i ritiri e come erano i ritiri di Luciano Uragano? (Domanda di Francesco Morganti)

Per quanto riguarda i compagni di stanza, se non ricordo male, il primo anno ero con Daniele Russo, mentre nel secondo anno, quello di Serie A, ero con Marco Materazzi. Una camera bella esplosiva, devo dire! (ride). Per quanto riguarda i ritiri con Luciano "Uragano" (Luciano), posso dire che c'era molta intensità, ma anche molta condivisione. Luciano aveva un carattere forte, sapeva come motivare la squadra. I ritiri erano un momento di grande coesione, un po’ come una piccola famiglia, dove la concentrazione e la preparazione erano al massimo. Eravamo molto uniti, e questo si vedeva anche in campo.

Quale gol col Grifo ti ricordi di più e perché? (Domanda di Andrea Neri).

Scegliere un solo gol è difficile, ma se devo dirne due, direi il 3-2 contro il Verona, che ci ha regalato la promozione in Serie A. Quel gol significava tanto per tutti, perché con quella vittoria eravamo matematicamente in Serie A, dopo anni di attesa. La gioia dei tifosi era indescrivibile, e vedere quella felicità mi ha fatto sentire parte di qualcosa di magico. L’altro gol che ricordo con emozione è il mio primo gol in Serie A, a casa, contro il Milan. Fu una partita speciale: il gol decisivo che ci portò a tre punti, e il nostro ingresso in prima posizione dopo la prima giornata.

Quale gol ricordi con maggiore affetto della promozione in Serie A? (Domanda di Graziano Delellis)

Sicuramente il 2-1 contro l'Avellino. Quella partita era cruciale per la nostra corsa alla promozione, e l'avevamo pareggiata fino al novantaquattresimo minuto. All'ultimo secondo, con un tuffo di testa, sono riuscito a segnare il gol che ci ha dato i tre punti. Quella vittoria ci ha dato una sicurezza enorme, e ha cambiato il nostro destino. Dopo il gol, sono andato a esultare sotto la curva, ma mi sono anche tagliato la mano sul filo spinato che divideva il campo dalla tifoseria. Nonostante il piccolo incidente, ne è valsa la pena!"

Che ricordi hai di quella partita decisiva che ha portato Perugia in Serie A?

Vincere insieme è stato emozionante. Ricordo l'adrenalina di quella partita e l'abbraccio finale con i tifosi che entrano in campo al Curi. Nonostante siano passati quasi trent'anni, quei momenti restano indelebili e mi fanno rivivere un periodo bellissimo.

Una nostra che ti vogliamo chiedere riguarda la tua esperienza in Serie A: "Come ci si prepara ad affrontare una Serie A? È un passaggio che già di per sé è emozionante e importante per un calciatore. Come si affronta?”

Il passaggio dalla Serie B alla Serie A fu emozionante. Quella Serie A era davvero di livello altissimo, con difensori come Baresi, Costa Curta, Turam, Cannavaro, Mijajlovic, Aldair e portieri come Pagliuca, Marchegiani, Buffon. Fare gol contro quei campioni sembrava quasi un miracolo. Affrontai il salto con consapevolezza e maturità: avevo 24-25 anni, e dopo aver segnato tanti gol in Serie B, mi sentivo pronto per la Serie A. Mi diede una freschezza mentale che mi permise di godermi l’esperienza al massimo, senza paura. Non vedevo l’ora di giocare in quel calcio ai massimi livelli. La stagione partì bene con 3 gol nelle prime 9 partite, ma c'erano già critiche. Volevo dimostrare che non ero solo un giocatore di Serie B. Alla fine, segnai 15 gol in meno di 27 partite, senza rigori, con una media ottima e gol decisivi che ci diedero punti importanti. Questo mi rafforzò nella convinzione che potevo stare a quei livelli.

Marco, come ti senti nel vedere l'affetto che ti è stato dimostrato dai tifosi di Perugia?

Perugia rimane una tappa fondamentale per la mia carriera. Condividiamo il grandissimo sogno di aver portato in Serie A una squadra che ne era fuori da tempo e che per me rappresenta qualcosa di speciale. La Serie A l'ho sognata da bambino, l'ho giocata nei cortili, e raggiungerla con una maglia importante come quella del Grifo rende l'avventura ancora più speciale, e rimarrà per sempre.

Qual è il tuo legame con la città di Perugia e con i suoi tifosi?

So dell'affetto che mi hanno dimostrato i tifosi e li ringrazio di cuore, ma posso sinceramente dire che l'affetto è contraccambiato. Quando un giocatore riesce a esprimere il suo talento sul campo, riesce a fare delle cose che rimangono negli anni. Questo significa che quella città, quei tifosi, quel club, hanno reso tutto ciò possibile, facendomi sentire a casa e permettendomi di rendere al massimo. Questo legame con Perugia, penso, rimarrà per sempre. Questo legame con Perugia rimarrà per sempre, è una cosa bellissima.

Come descriveresti l'esperienza di giocare a Perugia, anche in relazione alla tifoseria?

Perugia è una città, un luogo, una tifoseria che sa accogliere e far sentire a casa, al di là delle stagioni belle o brutte. Si è creato un connubio fin da subito tra i giocatori, tra Marco Negri e la città di Perugia, ma anche con i tifosi. Se ancora si parla di quegli anni, è proprio per questo legame speciale.

Perché hai scelto la maglia numero 18 al Perugia? (Domanda di Nicola Felicioni)

Beh, io arrivai un po' in ritardo a Perugia, a causa delle vicissitudini legate al contratto, perché Perugia e Cosenza non si erano messi d'accordo. Quando arrivai, c'erano tre numeri liberi, e scelsi il diciotto, che mi venne proposto per primo. Poi, alla fine, è diventato quasi un numero magico, perché alla fine di quella stagione segnai diciotto gol. Quindi, è stato il numero perfetto, direi. Era come se fosse un anticipo di ciò che sarebbe successo.

Il tuo primo ritiro in Serie A fu a Roccaraso, in Abruzzo. Che ricordi hai di quel ritiro? (Domanda di Daniel del Santa Giuliana)

Devo essere sincero, per me il ritiro è sempre stato il momento più divertente, il più spensierato. Era il momento in cui si faceva gruppo, si vedevano i nuovi compagni, si facevano tante amichevoli senza la pressione del risultato, e si iniziava a vedere come stava crescendo il gruppo. A Roccaraso, il mio compagno di stanza era Milan Rapajic. Me lo ritrovai in camera e provammo a parlare un po’ in inglese. Ricordo che un giorno eravamo stesi a guardare la TV, e lo vidi accendersi una sigaretta. Gli dissi: 'Milan, esci fuori se devi fumare.' Lui mi rispose 'Sì, sì, scusa', ma poi lo vidi che leccava la sigaretta. Gli chiesi: 'Ma perché la stai inumidendo?' E lui mi spiegò che così la sigaretta durava di più, perché poteva tirarla più forte. Io pensai: 'Ma chi abbiamo comprato?' Ma poi, già nei primi allenamenti, capii subito che avevamo preso un talento incredibile, uno dei giocatori più talentuosi con cui ho giocato.

Cosa pensi della tifoseria di Perugia e dell'atmosfera che si crea allo stadio?

Perugia è una città che riesce a riempire gli spalti e, quando la tifoseria è trasportata dai risultati, riesce a creare un'atmosfera unica. Le coreografie e il colpo d'occhio che si vedono lì non hanno nulla da invidiare a stadi di Serie A. Questa è la dimostrazione che, con un po' di fortuna e buoni risultati, Perugia può tornare ad essere protagonista, perché la passione della gente è davvero straordinaria.

C’è ancora un legame con i compagni di quel Perugia?

Mi piacerebbe ci fosse un gruppo WhatsApp o qualcosa per tenersi in contatto, ma purtroppo non ce l’abbiamo. Ogni tanto ci sentiamo, soprattutto con Pasquale Rocco e Daniele Russo. Recentemente, ci siamo incontrati tutti per un evento a favore di Luciano Gaucci ad Assisi, ed è stato bello rivedere tanti compagni come Beghetto, Camplone, Giunti, Rapaj. Gli sfottò e le risate sono sempre gli stessi, perché quando vivi un anno così intensamente insieme, ti crei un legame speciale. Anche dopo tanti anni, basta rivedersi per tornare subito alle vecchie battute e rivalità!"

Sei rimasto tifoso del Grifo? (Domanda di Mangano)

Beh, assolutamente, insomma, come dicevo prima, vivere una o più stagioni in una città e vestire una maglia per... si vivono talmente tante emozioni che possono essere anche negative però comunque sono emozioni forti ti lega per sempre a tutte le società se poi con una determinata maglia come quella del Grifo realizzi il tuo sogno da bambino che era quello di giocare in Serie A si capisce che si diventa tifosi per sempre

Qual è il gesto che ti ha sorpreso di più da parte di un tifoso? (Domanda di Graziano Dellellis)

Guarda, i cori dei tifosi sono sempre qualcosa di speciale. Quando giochi e senti il tuo nome cantato da tutti, fa davvero piacere. È inutile nascondersi, è una delle cose che ti dà più carica. Ma se devo pensare a un gesto che mi ha colpito, credo che quello che mi ha più sorpreso sia il sacrificio che ogni singolo tifoso fa per essere presente alla partita. Con le difficoltà che ognuno ha nella vita quotidiana, tra famiglia, lavoro, e tutto il resto, è davvero impressionante vedere come il tifoso del Perugia riesca sempre a trovare il modo di essere presente, a comprarsi il biglietto e a supportare la squadra. Questo è qualcosa che mi scalda il cuore. Mi fa capire quanto sia importante per ogni singola persona il fatto che la propria squadra giochi in una categoria adeguata. E per il Perugia, sinceramente, la Lega Pro non è una categoria che rispecchia la sua storia né i suoi valori. Perugia merita qualcosa di più.

Qual è stato il momento in cui ti sei reso conto di quanto fosse speciale il legame tra il Perugia e i suoi tifosi? C'è stato un episodio particolare che ti ha fatto capire l'importanza di quella simbiosi tra squadra e pubblico?

Parlando del fortino del Perugia, come dicevo prima, il tifoso gioca un ruolo fondamentale. Il pubblico deve essere trascinato dal nostro atteggiamento in campo, ma anche noi, in alcuni momenti, veniamo trascinati dal loro entusiasmo. Il "fortino" del Perugia era magico proprio per questo, perché lo stadio, con i tifosi sugli spalti, ti dava una carica incredibile. La simbiosi tra squadra e pubblico è una cosa rara, che non capita spesso durante la carriera, e quando la vivi, è davvero speciale. Anche oggi, vedendo le immagini su YouTube, ti accorgi della differenza tra uno stadio pieno e uno meno affollato. L'atmosfera che si respirava era unica, ti dava una spinta incredibile. Quello che rimane nel cuore, al di là delle vittorie e dei trofei, sono proprio le emozioni e i legami che si creano con la città e con i tifosi. Sono quelle che ti accompagnano per tutta la vita. I conti in banca si esauriscono, i trofei si possono dimenticare, ma le emozioni vissute, le persone che incontri, quelli sono ricordi che non passano mai.

Il tuo trasferimento ai Rangers, da cosa è venuta questa decisione? (Domanda di Nanik del gruppo P.F.S.)?

Quella stagione in Serie A fu positiva per me, con 15 gol da esordiente, ma nonostante il buon bottino, retrocedemmo. Ricordo che avevamo 40 punti, un punteggio che oggi garantirebbe la salvezza, ma che allora non bastò. Dopo la retrocessione, arrivò l'offerta dai Rangers, che mi dava l'opportunità di giocare in Champions League, un sogno per ogni calciatore. Il campionato scozzese iniziava più tardi, quindi avrei avuto tempo per recuperare fisicamente. Inoltre, l'offerta economica alla società che doveva ripartire fu un altro fattore determinante. A livello personale, avevo bisogno di un cambiamento radicale, quasi un 'elettroshock', per superare la delusione della retrocessione. Quella squadra, con il talento che aveva, sarebbe potuta diventare qualcosa di grande, come l'Atalanta o l'Udinese. Se ci fossimo salvati, saremmo potuti partire da lì per costruire un ciclo positivo. Purtroppo, la retrocessione spezzò tutto, ma il Perugia fu bravo a risollevarsi rapidamente

Che ne pensi dell’allenatore del Grifo Lamberto Zauli?

Voi parlavate prima della società e del nuovo corso del Perugia. Io ho visto qualche spezzone del derby e, al di là degli aspetti tecnici, come avete giustamente detto, c’è da migliorare la qualità degli ultimi passaggi per essere più pericolosi. Però, conosco bene Lamberto Zauli, l'allenatore, perché ci ho giocato insieme, e posso assicurarvi che è una persona che respira calcio 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Quindi, impegno e dedizione sono garantiti, darà il massimo. C’è sicuramente tanto lavoro da fare per migliorare lo standard, ma giustamente si doveva partire da qualcosa. Il fatto di non aver preso gol e di aver dimostrato una buona preparazione atletica è positivo. Ho visto i ragazzi lottare, correre tantissimo e non sono mai stati sotto, segno che sono stati allenati bene. Ora c'è chiaramente bisogno di scuotersi un po’, per cercare di allontanarsi dalle zone della classifica che non si vogliono nemmeno guardare e avvicinarsi a quelle più tranquille. Perché nella tranquillità si può costruire un futuro, progettare con serenità e senza fare errori. Questo pareggio 0-0 non lo vedo né come un punto guadagnato né come due punti persi, ma come un punto di partenza. Un punto di partenza anche per ritrovare quell'armonia con i tifosi che, nelle ultime stagioni, non c'è stata molto. E questa è una cosa fondamentale. Remare insieme, società, giocatori, staff e tifosi, tutti dalla stessa parte, è la cosa più importante per ritornare al successo. Lo auguro di cuore alla società, alla squadra e a tutta la città.”

Cosa pensi tu Marco della nuova società ma in parte in realtà ci hai già risposto adesso. (Domanda di Matteo Settonce)

Sai, questa è una società che è arrivata e che giustamente deve guardarsi attorno, deve comprendere la realtà di Perugia, capire l'ambizione e la passione che i tifosi nutrono per la squadra, la storia e ciò che si è vissuto nel passato. È fondamentale capire tutto questo e poi, a seconda dell'impegno economico che la società vuole mettere in gioco, mirare in alto. Dev'essere concreta da una parte, ma deve anche avere una progettualità a medio-lungo termine. Questa progettualità può andare dai tre ai cinque anni per ridare veramente gioia ai tifosi. La gioia potrebbe essere il ritorno in Serie B, e una volta raggiunta la Serie B, la squadra, con il suo impegno e il suo entusiasmo, dovrà spingere la società a fare investimenti importanti, per far vedere a tutti che Perugia è una città che vive di calcio. Questo entusiasmo deve partire dall'interno, per sostenere la società e aiutarla a fare scelte strategiche. Quindi, alla fine, bisogna remare tutti dalla stessa parte per poter ambire a qualcosa di positivo.

Credo che essere ricordato a distanza di anni valga tanto quanto i guadagni. Se i giocatori di oggi capissero cosa significa giocare per questa maglia, le prestazioni sarebbero più importanti. Purtroppo, non si vede più tanto questo spirito.” Che consiglio ti senti di dare ai calciatori di oggi che vestono la maglia che hai onorato tu? (Domanda di Lorenzo Cecconi del Perugia club Città di Castello)

Il segreto è semplice: bisogna sudarsi la maglia, dare tutto in campo e dimostrare di voler difendere quella maglia per i tifosi. Non è scontato, ma se un giocatore riesce a farlo, guadagna il rispetto dei tifosi e entra nel loro cuore per sempre.

Ricorda il tuo gol in rovesciata al novantesimo contro il Bologna, sotto la Nord, dopo il pareggio di Allegri. Un momento che ricorderà per sempre. (Domanda di Fabrizio Bellei)

Sì, ricordo bene quella partita. Il gol in rovesciata sotto la curva è uno dei miei preferiti. Quelli erano gol che chiudevano definitivamente la partita, portando a casa i tre punti. Era una partita speciale anche perché avevo giocato a Bologna e quel gol lo segnai proprio contro il mio amico Marco De Marchi. Lo rivedo spesso e ancora oggi glielo faccio pesare! Un gol che rimarrà sempre importante per me.

Secondo te è possibile un ritorno di visione del calcio di vari gaucci viola o almeno in parte dove i presidenti davano importanza più all'aspetto sportivo che economico?

No, assolutamente, non era una responsabilità che stavo cercando. Ma mi fa piacere che ci sia stato questo pensiero! Però, come dicevo prima, credo che una figura del genere, un ex giocatore che conosca bene l’ambiente, possa davvero essere un ponte per risolvere tante situazioni, per dare una spinta in più. Ci sono molti ex giocatori del Perugia che vivono qui e che amano la città, e credo che in futuro una figura del genere sarebbe davvero utile. Perché un ex calciatore può comprendere non solo la tifoseria, ma anche la società, che può cambiare gestione e presidenza, ma la tifoseria rimane sempre la stessa. Quella di Perugia è una tifoseria speciale, che merita di essere entusiasta come un tempo.

Cosa auguri al futuro del Perugia e dei suoi tifosi?

Il mio auspicio per il club è che possa tornare presto in categorie che possano rinvigorire e ridare entusiasmo alla città e ai tifosi, che secondo me non aspettano altro. Perugia è una piazza che merita il giusto lustro, e tutti noi speriamo che possa tornare al più presto ai livelli che merita.

In primis, vogliamo ringraziare di cuore Marco Negri per i suoi racconti e per aver condiviso con noi il suo tempo. È stato un vero piacere ascoltarlo, anche perché saremmo qui ad ascoltarlo per molto più di una giornata! Siamo felici di averlo avuto come ospite e, se ci sarà occasione, ci piacerebbe riaverlo anche in futuro. Grazie Marco a nome de l'Artiglio del Grifo!!!



COL ROSTRO E CON L'ARTIGLIO DEL GRIFO!!


Per l'Artiglio del Grifo

Chiara Pasqui

Daniele Rubini

Federico Ceccarini




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